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28/01/16

WHERE THERE'S A PUB THERE'S A THUG



Frequento pub da quando ho raggiunto la maggior età. Dal paese da cui provengo non c'è mai stato niente di meglio da fare che andare al supermercato, comprare di volta in volta tutta la selezione di birre che avevano, trovare un divano comodo o una panchina riparata e iniziare a prendere a calci i lampioni ed i muri una volta ubriachi.

Sto parlando di un periodo precedente alla distribuzione di *buona* birra, quando il mercato italiano medio e di piccole realtà era sovrastato da Du Demon, Ceres e Tennent's. Non era neanche immaginabile la possibilità di trovare ale belghe trappiste al CONAD, IPA d'importazione come Brewdog o Sierra Nevada alla COOP, raffinati birre artigianali italiane in bottiglioni da 75 o 1 litro in ogni ristorante della penisola.

Sono stato fortunato a non consumare tutti i miei risparmi in birre scrause e ad avere subìto da sempre una fascinazione mistica per quei luoghi di aggregazione notturni dove si consumavano pinte e pinte di succo di malto conosciuti come pub. In particolare nella mia area (Toscana marittima) ho avuto la possibilità di frequentare e di lavorare in luoghi famosi a livello nazionale, dove si respirava una vera cultura brassicola, quando di stampo belga quando di stampo irlandese.

A San Vincenzo, il Green Apple di Raffaele è da sempre luogo di aggregazione per tutti gli amanti di birra nella zona di Livorno. Luogo elegante, fornitissimo, dove conoscenza ed educazione vengono prima di tutto. Quello è stato il primo pub che abbia mai frequentato ed il primo pub in cui abbia mai lavorato. E' stato incredibile imparare tutto sui vari stili, accrescere le mie capacità da barman, cameriere e in generale con il pubblico.

Nelle città che ho frequentato successivamente mi sono sempre imbattuto in pub più o meno importanti per il loro contributo cittadino, al centro della socialità della zona in cui sono ubicato, creando la possibilità far incontrare le persone con i loro progetti artistici o all'inizio delle loro serate brave. Ricordo con piacere il Celtic Druid e il Muteneye a Bologna, il One Eyed Jack, il William ed il Joshua a Firenze, l'Orzo Bruno e il Liars a Pisa, il Macchecesietevenutiafa e il Mastro Titta a Roma.

Naturalmente la percezione dei pub in Italia non è come di qualcosa che appartiene alla nostra cultura, ma bensì di luogo di ritrovo e ristoro occasionale e solo in caso di mancanza di alternative, può diventare regolare (come lo è stato per me nel mio paesino toscano). Anche lo stesso modo di bere degli italiani è pacato, curioso, elegante e raramente esagerato.



Mi sono dovuto ricredere subito appena mi sono trasferito in Inghilterra. Ricordo ancora la sensazione di smarrimento la prima volta che siamo entrati al The Baron of Hinckley, il locale Wetherspoon di quel paesotto in mezzo al Leicestershire. Non immaginavo proprio che mi sarei ritrovato quotidianamente a lavorare, frequentare e scoprire la cultura delle Public House inglesi in maniera così profonda. In più di 3 anni ho lavorato in 3 pub diversi di 3 compagnie diverse, crescendo personalmente e professionalmente.

Per chiunque si trasferisca nel Regno Unito per qualsiasi tipo di esperienza, lunga o breve che sia, consiglio sempre e comunque di iniziare la propria avventura all'interno di un pub, soprattutto se ci si trova a Londra e si desidera lavorare nelle prime 2 zone centrali della capitale. Non credo avrei mai potuto far crescere il mio inglese in maniera così profonda e veloce se non fossi stato 12 ore al giorno a servire pinte a uomini di mezza età e simpatici alcolisti.

Capire la cultura dei pub è capire la cultura inglese nella maggior parte delle sue sfaccettature. Per un non britannico il pub inglese è un concetto veramente difficile da digerire, in quanto non vi è un paragone che possa essere trasferibile in qualsiasi altro paese non anglosassone. In Italia o Spagna qualcosa di simile lo si può trovare nella spontaneità che si veniva a creare anni fa nelle chiese cattoliche o in alcune piazze cittadine dove le tradizioni si scontravano con la vorace socialità dei popoli mediterranei.

La differenza sta nel fatto che nei pub d'Inghilterra, a differenza delle piazze dell'Europa del Sud, l'alcool scorre a fiumi e i britannici sono gente per lo più burbera e riservata. La tradizione brassicola è enorme e la gente mette il pub e la birra al centro della loro vita sociale. Se si potesse disegnare una piramide delle priorità dei britannici, l'alcool sarebbe certamente nella parte più importante sopra a tutto il resto, anche prima della carriera e della famiglia. L'alcool qui è fondamentale nell'esercitare quel livello di inibizione di cui i londinesi hanno tremendamente bisogno per riuscire nel rendersi più malleabili, aperti e spensierati durante cene di lavoro, bevute serali e uscite con gli amici.

Essendo da anni dietro il bancone di alcuni dei locali nel centro della capitale, mi sono chiesto molte volte se le persone intorno a me intendessero il mio disagio nel non riuscire anche solo a immaginare come fosse umanamente possibile fare delle sessioni di bevute di ore e arrivare anche a 20 pinte di birra a testa senza battere ciglio, senza un bicchiere d'acqua bevuto, senza una nocciolina mangiata e andando al massimo 2 volte alla toilet in tutte le ore di bevuta.

La cosa che mi ha sempre affascinato molto qua è che la birra appartiene sia alla tradizione, sia alle contemporaneità ed è palese come l'industria della birra e dei pub sia anche rivolta con lo sguardo al futuro. Mi sento molto fortunato di essere arrivato nel Regno Unito durante un periodo abbastanza eccitante (anche se durante la sua fase discendente e forse conclusiva) per il mondo della birra artigianale. Inoltre pare che i pub non siano mai stati così attenti alle proprie spine, ai propri menù come adesso. Ho avuto modo di osservare cosa succede ai Beer Festival, sia quelli organizzati dal CAMRA (Campaign for Real Ale) sia da altre entità come il Craft Beer Co. o da pub stessi.

Purtroppo in Italia si crede che venire a lavorare in questo paese per fare il cameriere o il barista in un locale come un pub sia qualcosa di cui non poter andare fieri ed anzi, vergognarsi in quanto prova inconfutabile di come non si sia riusciti a trovare niente di meglio che perdere porzioni di vita dentro a un bar. Niente di più sbagliato! Qui l'industria di alimentazione e bevande alcooliche è formativa come l'università. Non esiste un modo per capire meglio come funziona Londra che guardarla dall'oblò di un pub in centro pieno di gente del posto.

Quindi mi rivolgo a tutti quelli che si sentono derisi oppure criticati nella loro scelta di lavorare all'interno di una Public House inglese: siatene orgogliosi! Non è per tutti riuscire a sopravvivere in uno di questi locali, fare un buon lavoro, conoscere gente locale e riuscire a migliorarsi e migliorare la propria conoscenza della lingua inglese. Si ha anche un enorme probabilità di crescere e fare carriera all'interno delle varie compagnie, non solo a livello manageriale ma anche all'interno dei vari uffici di comunicazione o marketing. Qualora invece la vostra strada sia un altra, potrete sempre vantarvi di aver lavorato in uno dei luoghi simbolo di una cultura a noi così vicina eppure così lontana.

Sono ripartito con l'intenzione di essere molto più presente e regolare in questo blog di quanto non lo sia mai stato, parlando della mia musica, della mia birra e di tutto il resto che credo valga la pena portare alla luce.

A presto!