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17/08/14

STREETFEST 2014 (Review)

E' spesso molto facile sentirsi a casa a Londra. Lo è sempre di più in situazioni come quelle che puoi trovare in zone come Hackney Wick, dove in mezzo a jamaicani con le Jordan IV e inglesi con la felpa Supreme ti trovi i tipi di Ostia o di Jesolo che spingono e fanno caciara in fila per l'Half Baked domenicale.

Proprio l'assolata domenica del Bank Holiday del 4 maggio ci incamminiamo con la mia solita compagnia allo Streetfest '14, uno dei più solidi e celebrati urban festival in UK, probabilmente l'appuntamento irrinunciabile per chiunque sia appassionato di hip hop, writing, breaking ma non solo. Un vero e proprio eclettico mix di musica, arte, dance, sport e fashion, come suggeriva il flyer.

A differenza dell'edizione 2013 a Shoreditch, quest'anno il festival era situato nella zona di Hackney Wick, esplosa proprio negli ultimi 2-3 anni tra vortici di feste, eventi e warehouse. Wick rappresenta il punto più a est del borough di Hakney, che proprio qui arriva ad abbracciarsi con Stratford e Bow, confondendosi tra i borough di Tower Hamlets e di Newham. Qua troviamo Fish Island, una delle zone più celebrate del vecchio mondo. La relativa disponibilità a poco prezzo di questi luoghi industriali ormai in disuso ha infatti spostato qua una delle maggiori comunità creative in crescita d'Europa. E' abbastanza suggestivo il ricamo di vecchi edifici industriali fatiscenti, le limousine parcheggiate dai vetri oscurati, lituani che vomitano accanto ai cassonetti e il bar di una indie brewery da 6£ a pinta.

La presenza massiccia di pubblico si nota quasi subito appena arrivati al cancello. Una folla poco uniforme di famiglie stilose caraibiche, inglesi scombinati e disagiati, qualche asiatico col New Era LMTD e noi altri tamarretti di provincia. L'atmosfera è quanto di più azzeccato si posso trovare per un festival del genere, dove lo sciallo la fanno da padrona e dove si capisce subito che il pomeriggio potrebbe diventare veramente memorabile.

Girandoci attorno ci rendiamo conto che il posto è veramento enorme! 5555 sq di spazio racchiusi in un enorme spazio con alle spalle il suggestivo panorama dell'Olympic Park di Stratford a fare da coreografia al tutto. Tutt'intorno ci sono paio di postazioni dove DJs mettono dischi, MCs provano le loro rime e un fornito mercatino che spaziava da fashion brand come Mayamada o Glove Clothing e streetfood con i jerk di pollo di Mama's Jerk o i cupcakes color pastello di Sweet Tooth Factory. Due zone per skaters e bmxers, una vert e una street dove ragazzini e meno giovani chiudevano vari trick anche abbastanza pesi nella cornice delle MINI RAMP COMPETITION che è parsa parecchio sentita. Nella parte opposti invece troviamo bboy e bgirls che si sfidavano in battaglie su una speciale piattaforma dove Dj Jam Fu buttava tutta la Golden Era da Dj Babu a Dj Premiere e chissà cos'altro per far muovere le teste su se stesse.

Per chi si voleva scolare la birrozza in freschezza o girarsi un joints in calma era stata allestita una spiaggia fintissima dotata di una pseudo sabbia che ti si attaccava alle scarpe come colla e finte palme di plastica e sdraio che neanche a Jesolo di luglio. Visto che lo sponsor di quest'area era Noisey di Vice, si rischiava continuamente di inciampare in uno dei Vice magazine vintage piantati nelle sabbia. Tutto intorno al perimetro stuole di writers che pittavano su giganteschi pannelli. C'era veramente gente serissima in questa parte dell'evento, ricordo una ragazza incappucciata cimentarsi in un enorme 3D quasi biomeccanico con uno stile degno del berlinese Seak! La presenza di gentaglia come Clog2, 2RISE e Rmer ha inoltre mostrato che cos'è un graffito.

Dopo la dose necessaria di succo di luppolo per riuscire a ragionare chiaramente, iniziamo a ragionare su quale fosse la location delle esibizioni musicali live, senza capire da subito che dovevamo entrare nel basement alla sinistra. Un paio di scale e subito entriamo nell'Adidas Stage (dove il marchio capeggiava ovunque e addosso a chiunque) in una sala sinceramente non troppo capiente dove si stavano esibendo un po di artisti fresh e talentuosi.

Siamo riusciti a vederci il Beatbox Collective, un team di 9 talenti che riescono a produrre jam incredibili solo con la loro bocca: c'era un ragazza che riusciva a tirare fuori ritmi pazzeschi passando senza problemi da breakbeat, neurofunk e glitch.hop… incredibili da soli ma fuori di testa insieme!

Amplify Dot ha spaccato tutto con un attitudine degna delle più navigate rappers alla Mc Lyte o Left Eye… un set mostruoso in cui si è esibita in pezzi che il pubblico ha cantato a memoria e squarciagola, fino a free style, esplosioni jungle, progressioni grime degne del 2003. Si è creato un vortice nel centro, una sorta di pogo che ha coinvolto tutti gli spettatori.

Altro discorso per gli headliner della manifestazione.

La celebrata Ms. Dynamite è abbastanza inutile. Gran caciara e fanfare ma in realtà è stata hype, adesso non lo è più e cerca di arrabattarsi con un set pompatissimo quanto tamarro, come le sue produzioni. Riesce ad arrivare a buonissime tonalità col cantato r'n'b, ha un buon flow quando sta sul raggamuffin o rappa su strumentali bassose, ma manca la freschezza di chi ha oggi qualcosa da insegnare, mostrare o anche solo rappresentare. Confrontandola proprio con Amplify Dot, si percepisce come sia un esponente della parte mainstream, scesa in East London con la nasella bianca da qualche party a Chelsea solo per giocare a fare l'alternativa, con la pretesa di dimostrare di essere stata anche una sorta di pioniera.

Per Goldie il discorso è anche peggiore. Il contrasto con ciò che è stato e con ciò che è adesso è a dir poco abissale. Oggi è una figura patetica, neanche in grado di riuscire a mettere più di 5 dischi di fila senza poi perdersi chissà dietro quale storiaccia nel suo van. Stiamo parlando una leggenda, il Junglist più rappresentativo della sua generazione e non solo. L'uomo eccessivo, il dj superstar, il re dello spezzato. Chiaramente c'è del marcio a questi livelli alti. Un tempo queste persone si sono create dove non c'era assolutamente niente, si sono inventati una carriera con una musica che muoveva si e no qualche centinaio di culi a East London. Poi il botto, i soldi, la fama e tutto il resto che conosciamo bene. Gran tristezza in realtà, per un uomo che se non facesse il dj e non muovesse da solo metà dei presenti che erano al festival, oggi sarebbe in ciabatte sul divano davanti la tv.

In generale è stato un festival molto interessante ed entusiasmante, che ci ha mostrato come Londra riesca a farsi teatro di eventi così spesso lontani da loro, come gli abitanti che la abitano. East London, per quanto diversa dal passato nella sua funzione di centro controculturale, rimane una "factory" senza fine di tutto ciò che è arte, urban o anche solo trend.